20 novembre 2006

BOTTA E RISPOSTA CON ROBY PIANTONI E MARCO ASTORI

Con le gambe sotto al tavolo e un calice di rosso tra le mani, le parole scorrono veloci. Si chiacchiera del più e del meno, del passato, del presente e del futuro. Con Roby e Marco, due amici, non si può parlare d'intervista: si ride, si scherza; guardiamo immagini dell'Everest, del Broad Peak, delle nostre Alpi e delle montagne vicino a casa. Ho cercato d'essere più concreto e porgergli delle domande più precise ma non mi hanno preso molto sul serio... Non è stato facile ricostruire i momenti importanti del loro passato, raccogliere le loro idee e raccontare i loro progetti.

Roby Piantoni e Marco Astori organizzano diverse proiezioni sulle loro spedizioni, sicuramente un modo originale di trascorrere una serata invernale cogliendo l'occasione per conoscerli meglio. Ne vale la pena!



Roby Piantoni - Anni 29 - Residente a Colere (BG) - Guida alpina dal 2003

- Da quanti anni pratichi alpinismo e come hai cominciato?
Sono ormai 15 anni che pratico quest’attività. Sono nato in montagna e mio padre era guida alpina e maestro di sci, quindi sono sempre stato legato alle attività alpine. Quando avevo 14 anni lavoravo presso il Rifugio Albani e insieme ai miei amici e “colleghi” abbiamo arrampicato per la prima volta in una falesia vicino, il Vascello Fantasma.

- Quale è l'avventura più divertente che ti è capitata in montagna?
Spesso mi capita di divertirmi in montagna e soprattutto con alcuni amici che frequento da una vita riesco ad arrampicare ridendo e scherzando. Soprattutto con Stefano, Domenico e Matteo ogni salita è sempre una festa, si ride, ci si scherza e di solito si riesce a dare il peso giusto a quello che stiamo facendo, senza strafare o sentirsi superuomini.

- Sicuramente l'Everest rimarrà per sempre come un segno indelebile nella tua memoria. Quale altro momento ricordi con entusiasmo e soddisfazione?
Per me diventare guida alpina è stato un traguardo importante, una sfida avvincente che mi ha permesso, non senza difficoltà, di dedicarmi a tempo pieno al mondo della montagna.




- Quali sono le persone alle quali sei più riconoscente per la tua crescita alpinistica?
Renzo Carrara, storico gestore del Rifugio Albani, è stato il mio primo "maestro", con lui ho fatto le prime arrampicate che ricordo con affetto. Altro maestro è stato Domenico Belingheri che con il tempo è diventato compagno di cordata e ha condiviso con me importanti esperienze anche in alta quota. Sicuramente un punto di riferimento!

- Quali sono gli alpinisti del passato e di oggi che rappresentano l'evoluzione dell'alpinismo?                                                                                 
Indubbiamente Messner è stato un precursore nelle scalate in alta quota. Grazie a lui si è aperta una nuova era alpinistica: le cime di ottomila metri senza l'uso dell'ossigeno. Ora sappiamo che è possibile salire l'Everest senza ossigeno ma per Messner è stata davvero una grande sfida.
Tra gli alpinisti moderni credo che Dennis Urubko stia cercando di lasciare un segno nella storia dell'alpinismo a quote elevate, aprendo vie nuove sulle montagne di ottomila metri.

- Come vedi possibile un'evoluzione dell'alpinismo?                              
Dobbiamo  ritornare al passato quando era l'uomo, da solo, che saliva le montagne. Tutti cerchiamo di utilizzare materiali e tecnologie all'avanguardia ma dobbiamo riconoscere che in cima ad una montagna ci arriva l'uomo, con le sue capacità, grazie all'allenamento e alla sua determinazione.

-Parliamo di spedizioni... Come è nata l'idea di fare alpinismo in altri continenti? Come è il tuo rapporto con le culture locali? Quali sono i momenti più difficili durante una spedizione? Come è il tuo rapporto con gli sponsor?                                                                                                             
La prima spedizione l'abbiamo organizzata per commemorare la tragica spedizione al Pukairka del 1981 dove morì tra gli altri anche mio padre. Abbiamo tentato di raggiungere la cima di questa difficile montagna ma abbiamo dovuto rinunciare per le condizioni troppo pericolose. Dal Perù all'Himalaya mi sono reso conto, ogni volta di più, che una spedizione non ha come unico obiettivo quello di salire una montagna ma rimane essenziale entrare a contatto con le culture dei paesi che visitiamo. Esistono molte similitudini tra le storie che mi raccontavano da piccolo i miei nonni con le culture himalayane: il loro modo di vivere, di lavorare, di coltivare, la famiglia intorno al calore della stufa... Nei villaggi che attraversiamo spesso mi sento veramente a mio agio, mi piace il contatto con le persone del posto, non credo che la lingua sia una barriera invalicabile. Più che in Italia, quando sono in spedizione riesco a adattarmi, accontentarmi di poco ed essere felice con poco. Come dicevo prima l'alpinismo deve ritornare al passato, l'uomo dovrebbe tornare un po' animale, avere poche esigenze ed in situazioni come quelle che si vivono in alta quota, diventare più istintivo, pensare alla sopravvivenza.
Il momento più impegnativo di una spedizione non lo ritrovo quasi mai nella spedizione stessa ma piuttosto negli sforzi che compio per organizzarla. Con gli sponsor si sta instaurando un rapporto durevole e concreto ma rimane veramente un'impresa anche solo l'organizzare una spedizione, prima ancora  che tentare di raggiungere l'obiettivo prefissato.

- Progetti per il futuro?                                                                           
Continuare a vivere di montagna ed in montagna e realizzare qualcosa di "nuovo" nell'ambiente alpino.





Marco Astori - Anni 27 - Residente a Dossena (BG) - Decoratore ed alpinista


- Da quanti anni pratichi alpinismo e come hai cominciato?                          
Vado in montagna da sempre ma ho cominciato solo quattro anni fa ad arrampicare. Collaboravo già da qualche tempo come volontario nel soccorso alpino ma desideravo occuparmi anche del lato tecnico che spesso queste operazioni richiedono. La prima volta ho arrampicato con Ermes e Gabriele che tuttora sono alcuni tra i miei abituali compagni di cordata.

 - Quale è l'avventura più divertente che ti è capitata in montagna?
L'anno scorso ho salito il Cervino con gli amici di Colere. Quando eravamo in prossimità della vetta stavamo chiacchierando e scherzando a tal punto che abbiamo raggiunto la croce e siamo scesi dal versante opposto senza neanche fermarci un momento. Spesso la montagna è solo un contorno, il luogo dove si riesce veramente a star bene con le persone che ci circondano.

- Sicuramente l'Everest rimarrà per sempre come un segno indelebile nella tua memoria. Quale altri momenti ricordi con entusiasmo e soddisfazione?          
La spedizione del 2004 al Manaslu, uno dei quattordici ottomila, mi ha segnato positivamente: l'affiatamento con gli altri amici alpinisti, il primo impatto con l'alta quota e l'esperienza alpinistica sono stati fattori importanti per la mia crescita sportiva e di uomo, nonostante non avessimo raggiunto la cima.

- Quali sono le persone alle quali sei più riconoscente per la tua crescita alpinistica?                                                                                             
Melchiorre Astori mi ha accompagnato fin da giovane durante molte escursioni nelle nostre Orobie. Con Mattia Cavagna e gli altri amici legati al soccorso alpino ho cominciato ad andare in montagna più seriamente. Per ultimo, ma solo in ordine di conoscenza, devo molto all'amicizia con Roby Piantoni, un punto di riferimento per la neonata passione per l'alta quota.

- Quali sono gli alpinisti del passato e di oggi che rappresentano l'evoluzione dell'alpinismo?                                                                                               
Senza dubbio Messner ha contribuito notevolmente ad evolvere le frontiere dell'alpinismo. Ha dimostrato che grazie alla tenacia, l'allenamento ed una grande volontà, tutto è possibile.

- Come vedi possibile un'evoluzione dell'alpinismo?
Ognuno, secondo le proprie possibilità può contribuire ad un'evoluzione dell'alpinismo. La crescita deve essere prima di tutto personale, dalle Alpi fino alle vie nuove di alta difficoltà sulle grandi pareti himalayane.

- Parliamo di spedizioni... Come è nata l'idea di fare alpinismo in altri continenti? Come è il tuo rapporto con le culture locali? Quali sono i momenti più difficili durante una spedizione? Come è il tuo rapporto con gli sponsor?
Sono partito per la prima spedizione quasi per caso. Eravamo in falesia ad arrampicare e Roby Piantoni, che allora conoscevo solo di vista, ha proposto ad un amico di andare con lui al Manaslu. Mentre tornavamo a casa dopo la giornata in falesia ho detto a Mattia che forse sarebbe piaciuto anche me andare in spedizione. Roby credeva che volessi andare per fare il trekking di avvicinamento alla montagna ma alla fine ho partecipato attivamente ed insieme agli altri amici alpinisti ce l'abbiamo messa tutta in quelle sfortunate giornate di maltempo. Le culture locali mi appassionano. Durante l'ultima spedizione in Nepal mi ha impressionato come riescano a convivere induisti e buddisti senza scontrarsi come avviene in molte altre parti del mondo. In spedizione fino ad ora, fortunatamente, ci sono stati soprattutto momenti positivi e pochissime le difficoltà, a volte riconducibili a problemi fisici, che comunque sono all'ordine del giorno in un qualsiasi viaggio, ancora di più se si considera l'alta quota. Durante il trekking di avvicinamento al Broad Peak nel 2005 ho avuto problemi allo stomaco e naturalmente mi sentivo demoralizzato, ma poi sono riuscito a riprendermi e tutto è andato bene. Il mio rapporto con gli sponsor fino ad ora si basa soprattutto sull'amicizia con alcuni imprenditori che già conoscevo ed hanno fiducia in me. Mi auguro che la salita all'Everest possa contribuire a rendere più facile la strada per il futuro.



- Progetti per il futuro?                                                                                                 
Mi piacerebbe dare una scossa al mondo della montagna, soprattutto a Bergamo, dove abito. Vivere di montagna e far vivere la montagna è un impegno che con il gruppo fancymountain mi sono preso insieme ad amici ed alpinisti. Personalmente mi auguro di poter fare ancora molte esperienze alpinistiche in giro per il mondo!

1 commento:

  1. Ciao.

    Su questo pianeta ci sono delle persone fuori dal comune anzi, fuori dal mondo!

    Ciao, alla prossima.

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