20 giugno 2007

SONO SOLO FORTUNATO

Roby Piantoni, insieme all'amico Marco Astori, è impegnato in Pakistan in una spedizione alpinistica con l'ambizioso obiettivo di concatenare due montagne di ottomila metri, il Gasherbrum I e II. E' stata una sorpresa aprire la posta elettronica e trovare questa "riflessione" che Roby mi ha chiesto di pubblicare sul sito.


dal Campo Base dei Gasherbrum - Pakistan - 20/06/2007 - ore 12.41

Sono solo stato fortunato.
Ogni tanto mi ubriaco. Raramente.
Spesso capita di ripensare a quel che hai fatto di buono e anche di cattivo nella tua vita. Sinceramente tendo però a ricordarmi le cose buone e intrecciare dietro a ciò che è nella memoria le cose meno belle o non molto dignitose. Nessuno è santo.
Non sono di molte parole, ma non nascondo che mi piace raccontare di quel poco che mi è capitato di fare in alta quota, perché che mi piaccia o no, è capitato che sia quello che so fare (come dice Guccini in una sua canzone).
Il mio intento, ad esempio nelle conferenze,  è quello di far capire quello che ho provato, e spiegarlo è veramente difficile, meno male che ad aiutarmi ci sono alcune immagini strappate da quei momenti difficili, freddi, ventosi, caldi, d'arsura o poco lucidi.
Sono solo stato fortunato ad aver fatto quel poco…
Ogni tanto mi ubriaco. Ma raramente.
Una delle cose per cui mi ritengo molto fortunato è di essere riuscito a scalare l’Everest senza bombole. Ho sempre pensato che questo era un grandioso gesto atletico e mentale. Ho persino pensato di essere forte. Forte! Forte?
Ogni tanto mi ubriaco.
Tutti, o quasi, nella propria vita si sono ubriacati. E’ come connettersi con l’aldilà.
Bene, prima di partire per questa spedizione (sto scrivendo dal Campo Base dei Gasherbrum) mi sono ubriacato, in una cena, fra buoni amici. Mi sembra di aver sparato non molte, ma troppe cavolate. Cavolate vere.
Ho rivissuto tutti i passi che mi hanno portato in vetta all’Everest. Sono tornato in vetta all’Everest.
La festa era finita. Ero già a letto. Abbracciato ad una persona. L’ho accompagnata con me in vetta all’Everest, senza foto, senza filmati, solo la mia voce, molto strascicata, l’odore dell’alcol dalla mia bocca, il cuscino ed il letto che ruotavano come in un vortice, abbracciavo questa persona, raccontavo tutto quel che ho visto andando verso la cima. Come uno scrittore di libri che con la sola forza della scrittura può far generare in noi emozioni, paure o persino orgasmi, anche io quella sera ho tenuto la mia migliore conferenza, senza foto, senza filmati, senza musica di sottofondo, abbracciato parlavo, commuovevo, rendevo l’idea come non mai, puzzavo di alcol.
A 8000m si vive. A 8800 no. Tutti i  passi mi sono tornati in mente: con questa posso dire di aver salito l’Everest due volte. Sapevo di alcol, piangevo ed anche la persona con cui ero abbracciato piangeva. Ho rivisto gli steep, ho rivissuto il tempo senza tempo di quelle ore. A 8800m non si affanna, non si fa fatica, il tuo corpo non ha energia a sufficienza per fare fatica, stai morendo. Ma non sono morto. Ho rivissuto tutto quella sera. I morti, vicini alla via di salita, me li ricordo bene, tutti, ma non ho voluto fotografarli. Uno a dieci metri da dove sono passato, a 8700m, supino, non si vedeva il volto, ma le mani sì, senza guanti, bianche, secche, senza carne, solo pelle e ossa, rinsecchite dai venti d’altro mondo. Sì, a 8800m si è in un altro mondo, forse nell’aldilà. Mi ricordo la pipì arancione di Marco, il mio compagno di salita, la presenza accanto a me.
L’uomo non può stare li. Non gli è concesso. Muore. Ma allora come mai io ci sono stato? Perché sono forte? Sono bravo? Sono…tutte cazz..te!
Sono solo stato fortunato.
Qualcuno mi ha permesso di andare là, nell’aldilà e di tornare. Quella sera da ubriaco ho capito: qualcuno mi ha solo permesso di transitare da vivo in una zona della terra dove si può solo morire. Non ho fatto nessuna ottima prestazione atletica, qualcuno mi ha detto: si, puoi arrivare qui, qui da Noi, puoi fotografare l’orizzonte curvo.
E’ come se tutte le montagne del mondo fossero affogate in un’atmosfera vivibile, ma l’Everest solo l’Everest sconfina nel paradiso.
Non ci si può sentire forti a 8000m, e non ci si può sentire vivi a 8800m. Ero perfettamente cosciente, ma in paradiso. Ogni tanto mi ubriaco, e l’ultima volta ho capito: sono solo stato fortunato, non forte, fortunato. Non sono un santo e a 8000m sono debole.

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