di Francesca Panza e Guido Callierotti
La domanda è sempre quella. Lo era prima di partire, lo è adesso, ma soprattutto, lo era mentre in Armenia c’eravamo. E questo un po’ stupisce, un po’ fa ridere e un po’ fa pensare.
Di risposte ne abbiamo date molte fin’ora e molto diverse fra loro. Fondamentalmente non c’è una vera risposta se non: perché non c’eravamo mai stati.
A dir la verità il viaggio è partito un po’ più indietro. L’aereo ci ha portato solo a Istanbul ( così doveva essere, non è che avesse finito la benzina) e da lì è stato un susseguirsi di mezzi pubblici sempre più improvvisati, pittoreschi, aleatori, inefficienti, scomodi, tipici.
Vi potremmo dire che la partenza da Istanbul sottende significati simbolici (estrema propaggine sud-orientale dell’Europa, il ponte fra due mondi, il passaggio della via della seta o dell’Orient Express ecc.) ma non è vero niente. La realtà è che ci attirava un traghetto che salpava dal Bosforo e andava fino a Trabzon, Trebisonda, a est sul mar Nero ed inoltre Istanbul è sempre affascinante. Peccato che il traghetto non c’e’ più da 3 o 4 anni, quindi al fascino di Istanbul sono seguite 19 ore consecutive di viaggio in pullman, Turco. Trabzon è una città dal nome intrigante, dalle strade intrigate e dalle origini dimenticate. Poco di antico in mezzo a case moderne e perlopiù fatiscenti, ma ha una vitalità che ci ha stupito ed ha una basilica, Aya Sophia, con degli affreschi stupendi.
L’attraversamento della frontiera è comunque fisicamente provante, dopo aver sgomitato con le accanite signore georgiane e azere sotto un sole a picco, decidiamo per una pausa balneare nella St Tropez del Mar Nero. Descritta dalla guida come un ottimo biglietto da visita per la Georgia, Batumi, ci h lasciato un po’ “perplessi”, ma ancora più “perplessi” ci ha lasciato il viaggio in pulman verso la capitale: 6 ore stipati su un transit, storditi dal caldo e dalle sigarette dei vicini. Tiblisi è una piacevole sorpresa. Consigliamo a chi passi nei paraggi di fare una visita. Da qui, finalmente, raggiungiamo l’Armenia, meta del nostro viaggio… e la qualità dei mezzi di trasporto peggiora ulteriormente. Il primo taxi che prendiamo, prima di caricare i nostri zaini, toglie dal baule un quarto di mucca… al di là dei taxi (n.d.a. ci si muove praticamente solo in taxi, tutti quelli che hanno l’auto arrotondano le entrate in questo modo. Di pulman ce ne sono pochi e vanno solo verso la capitale!), il primo impatto è desolante. Sotto un cielo grigio attraversiamo paesi di edifici fatiscenti e fabbriche cadenti. Giumri, la prima città dove ci fermiamo, manifesta ancora i segni del terremoto che l’ha colpita negli anni ’80. E la ricostruzione si è fermata con la caduta dell’Unione Sovietica.
In questa città facciamo conoscenza di uno dei maggiori esponenti della pittura armena. Purtroppo nello zaino non ci sta nessun dipinto!
In questa città facciamo conoscenza di uno dei maggiori esponenti della pittura armena. Purtroppo nello zaino non ci sta nessun dipinto!
Appena il tempo volge al bello anche il paesaggio appare più attraente. Cominciamo a visitare i famosi monasteri nei quali si respira aria ti tempi antichi. La natura è diversa da come ci figuravamo questo paese: boschi di un verde rigoglioso, altipiani coperti di prati e solcati da profondi canyon. Dentro questi, le impervie strade danno modo ad ogni taxista di mostrarsi campione di rally (un saluto particolare va a Raman!). In questa zona (altipiano di Stephanavan), ci raccontano, si faceva formaggio svizzero che riforniva tutta l’Unione sovietica.. di tutto questo oggi rimane solo della simil feta.
Proseguiamo la nostra strada verso Dilijian, fra fantastici boschi ma sotto un’acqua battente e un vento freddo che ci trova assolutamente impreparati. Lasciamo il nord piovoso più per una svista che per una consapevole decisione.. e arriviamo a Yeganazdor. Il paesaggio cambia rapidamente, è tutto molto più arido e secco. Ai bordi delle strade bancarelle che vendono meloni, angurie e ancora meloni.
Siamo gli unici a scendere a Yeganazdor. Paesino piccolo, senza particolari bellezze ma
anche senza i casermoni a cui ci eravamo abituati. La guida ci consiglia un B&B di un armeno canadese.. viene a prenderci un’intera famiglia, peccato che del canadese non c’è ombra.. l’unico che parla un po’ di inglese è il ragazzino di 13 anni. Ci portano in una casa di campagna, tra le colline irrigate fuor dal paese, paesaggio bellissimo. Stufi di essere sempre scorrazzati in giro decidiamo per un breve trekking. La notizia sconvolge i nostri ospiti. In men che non si dica la spedizione è pronta: con noi il figlio maggiorenne con coltello da rambo, la nipote interprete, il figlio piccolo, il cugino russo e la mamma con viveri e vettovaglie. La giornata è piacevole tanto per la compagnia che per il posto. Salutiamo la family con un po’ di dispiacere e via verso il lago. Disavventura al passo, il taxista finisce il gas poco prima del colle ed eccoci legati ad un camion con un fil di ferro.
Sevan ci sembra troppo turistica per trattenerci (naturalmente parliamo di turismo armeno) e all’alba del giorno seguente partiamo per la scalata al vulcano Aragats, 4000 e passa metri.
Partenza dal famoso osservatorio dei raggi cosmici. Peccato che anche questa punta di diamante dell’era Sovietica è stata lasciata andare e la maggior parte degli edifici sono oggi diroccati.
La mattina alle 5 sveglia e con le nostre scarpette da ginnastica e felpe partiamo alla volta del cratere. Qui ci sorprende la neve e immensi geroni, ma noi impavidi puntiamo alla cima più alta, la nord. La cresta per cui abbiamo optato (di sentieri neanche traccia) si rivela essere un’ammasso di sfasciumi, ci tocca girare i tacchi poco sotto la cima, per lo meno conquistiamo la Sud!
Yerevan, la capitale è una città dal centro moderno e ripulita. Grandi viali alberati e piazze popolate. Qua finalmente qualcuno parla inglese (comunque raro). La sera, con la padrona di casa, guardiamo il telegiornale. Si parla di: monte Ararat, confini chiusi con la Turchia e gli Armeni della diaspora. Temi sempre in sottofondo per tutta la vacanza. Passiamo il nostro tempo libero fra le cartoline e i mercati di frutta fresca, secca e candita. Chiudiamo in dolcezza. Buonanotte e buona fortuna.
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